NECROLEMUR ANTIQUUS: Un agile saltatore della giungla
Europa centrale, 35 milioni di anni fa: siamo nel Priaboniano, ovvero nell’ultima parte del periodo Eocene.
Laddove un giorno sorgeranno città e paesi, si trova per ora una vera e propria foresta tropicale che ricopre buona parte del continente.
Tetri rami di enormi alberi oscurano il sole ed un buio opprimente cala sulle torbide acque delle paludi preistoriche dove si nascondono viscidi rettili, sempre pronti a colpire sfortunati animali di passaggio.
E’ giunta la notte e tutto tace ma improvvisamente silenzioso come uno spettro, uno strano e piccolo essere, appartenente ad un lignaggio di bizzarri mammiferi arboricoli, balza fra i rami in cerca di cibo…

UN “TARSIO” FRANCESE
Fossili di questi misteriosi animaletti vennero descritti per la prima volta dal naturalista Henri Filhol basandosi su quanto era stato recuperato dalle fosforiti di Quercy (più precisamente nel territorio appartenente al dipartimento di Lot), nella Francia sud-occidentale.
Riconoscendo che dovesse trattarsi di una scimmia primitiva, Filhol ribattezzò la creatura Necrolemur antiquus, la prima e più diffusa di tre specie di cui facevano parte N. zittelli (descritto da Max Schlosser nel 1887) e N. anadoni (istituito soltanto nel 2015).
Lungo dai 20 ai 25 centimetri (senza contare la coda che doveva essere altrettanto lunga) per un peso accostabile tra i 114 e i 346 grammi, questa bestiola doveva ricordare l’attuale tarsio, primate dalle abitudini notturne che oggi abita le giungle dell’Indonesia.
Proprio come quest’ultimo era dotato di occhi enormi e rivolti in avanti, consentendogli di vedere senza problemi nel buio.
Il suo cranio, che ospitava un grande cervello, era caratterizzato da un muso corto con uno spazio molto ristretto tra gli occhi nonché dalla presenza di un osso ectotimpanico tubolare molto più simile a quello degli Strepsirrhini (il sottordine di primati a cui appartengono anche i lemuri).
Anche i denti possono dirci molto sul suo stile di vita: microscopici segni di usura che corrono perpendicolarmente sui suoi incisivi sembrano, ad esempio, indicare che il Necrolemur li utilizzasse per la pulizia del corpo in modo analogo a molte specie di mammiferi.
Grazie allo studio di quei denti si è potuto inoltre stabilire che la sua dieta fosse piuttosto variegata e che comprendesse soprattutto frutta e insetti che l’animale trovava muovendosi rapidamente da un albero all’altro. Del resto, si era appositamente evoluto proprio per questo motivo: le sue mani prensili presentavano dita assai allungate e speciali cuscinetti che garantivano una presa sicura anche su superfici quasi lisce.
Ancora più sorprendente era, però, la sua capacità di compiere grandi balzi grazie alle sue zampe posteriori, perfettamente specializzate per questo scopo: il calcagno era allungato mentre la tibia e il perone erano fusi insieme nella parte terminale, cosa che permetteva di assorbire l’urto non appena l’animale atterrava su un ramo dopo il salto.
NEMICI DI ALTRI TEMPI
Tutte queste peculiarità, oggi accostabili al già citato tarsio, rendevano il Necrolemur un ottimo arrampicatore che si destreggiava nell’ambiente arboricolo nelle ore notturne e in questo modo doveva essere abbastanza al sicuro dai famelici rettili a sangue freddo che infestavano le sottostanti paludi fangose.
Infatti, nel sito di Quercy sono stati recuperati anche fossili di pericolosi coccodrilli quali l’Arambourgia e il Diplocynodon.
Un altro rettile che poteva costituire una seria minaccia era il Palaeovaranus, un lucertolone di un metro e 20 che sapeva arrampicarsi sugli alberi ed era dotato di un letale morso velenoso.

ORIGINI MISTERIOSE
L’origine dei mammiferi che portarono al ramo evolutivo dei primati è avvolta da un velo di mistero: alcune stime attribuiscono questo timido inizio a creaturine chiamate Plesiadapiformi che potrebbero aver fatto la loro comparsa già 85 milioni di anni fa, ovvero in pieno Cretaceo.
Nell’Eocene (56-33,9 milioni di anni fa), un altro gruppo di primati, quello degli Omomyidae, aveva toccato l’apice della propria proliferazione.
Diffuse in Europa, Asia, Africa e Nord America, molte bestiole appartenenti a questa famiglia possedevano grandi orbite oculari, un muso corto con piccole arcate dentali e senza premolari anteriori, delle ridotte dimensioni (con un peso inferiore al mezzo chilogrammo) e una chiostra dentaria adibita ad una dieta insettivora e frugivora.
Le mani avevano, in genere, dita allungate e pollici opponibili con unghie anziché artigli e le zampe posteriori indicavano una tendenza verso abitudini saltatorie piuttosto che scalatorie.
Come si può intuire, a questa famiglia di bestiole rientrava a pieno titolo lo stesso Necrolemur assieme al bizzarro Microchoerus, anch’esso ritrovato a Quercy ma ben documentato anche nei sedimenti oligocenici della Spagna e la cui caratteristica più peculiare risiedeva nella forma dei denti, stranamente più simili a quelli di un maiale che di un primate.
Decisamente minuscolo era l’enigmatico Altanius della Mongolia, contraddistinto da un muso più allungato e da un peso di appena 30 grammi.
Viceversa, sono conosciute anche specie di omomidi più grandi (del peso di oltre un chilo) che presentavano occhi meno prominenti in quanto si erano adattate a vivere alla luce del giorno come nel caso del Chipetaia, il cui aspetto richiamava quello di certi lemuri del Madagascar.
UN MACABRO NOME
Il nome Necrolemur significa letteralmente “lemure morto”, il che non è proprio confortante ma è sensato per una ragione: oggi, non esiste più una creaturina del genere. Di essa, infatti, rimangono soltanto i resti fossili che i paleontologi nel giro di oltre un secolo hanno rinvenuto in diverse località della Francia, della Spagna e della Svizzera facendosi un’idea delle sue abitudini anche dal raffronto con il suo parente più stretto, il tarsio.

Un reperto relativo a questa specie di primate preistorico, una minuscola mandibola lunga appena 12 mm e datato a circa 35 milioni di anni fa, è custodito al Museo del Priaboniano.
Proviene dal sito eocenico di Quercy di Lot, lo stesso posto che aveva permesso di identificare e di classificare per la prima volta questa specie di piccoli e antichissimi mammiferi arboricoli.
Testo di Lorenzo De Vicari e Thomas Marchiorato.
Illustrazione di Lorenzo De Vicari, a nome di Fumetti Fossili, pagina a tema paleontologico disponibile sia su Facebook che su Instagram.